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Val d'Asta - Appennino Reggiano

La Carlina

La Carlina

Il genere Carlina, della famiglia delle Compositae, raggruppa una ventina di specie di piante erbacee, perenni, spesso spinose, caratterizzate dalla presenza di grandi capolini.

Carlina
Carlina

La carlina bianca (Carlina acaulis, cioè “piccolo cardo senza fusto”) è una specie a distribuzione prevalentemente centroeuropea presente nel nostro paese allo stato spontaneo sulle Alpi e sugli Appennini fino alla Calabria, spingendosi fino ai 2.500 metri di quota e preferendo i terreni freschi e profondi dei prati e pascoli di altitudine, su substrati sia silicei che calcarei.
In natura si osservano carline che aprono il loro capolino, tra giugno e settembre, a livello del terreno e le foglie formano una specie di rosetta schiacciata, mentre a poca distanza altre piante formano fusti vigorosi alti fino a 35-40 cm.
Le foglie, ad eccezione di quelle basali, sono sessili. Di consistenza cartilaginea, sono di forma oblungo lanceolata, pennato partite suddivide in lobi spinosi, raccolte in una rosetta basale nelle piante di altezza limitata oppure distribuite lungo il fusto in quelle a sviluppo verticale.
I capolini, in numero da uno a cinque per pianta, sono grandi, a forma di cuspide prima di aprirsi e divenire piatti. Hanno un ricco disco centrale formato da fiori tubulosi di colore giallo paglia. Possono avere una sfumatura porpora e a fine stagione diventano più scuri. La corolla è formata brattee lineari acuminate di colore più chiaro, grigio argenteo.
Il diametro dei cespi, che con il tempo presenteranno più fusti fiorali e diverse serie di foglie basali, raggiunge i 50 cm di diametro.

Carlina
Carlina

La carlina è detta anche Erba di Carlo Magno: l’imperatore la avrebbe utilizzata come rimedio contro la peste che affliggeva i suoi eserciti. Le virtù miracolose della pianta, come riporta il celebre botanico del Cinquecento Pietro Andrea Mattioli, sarebbero state indicate all’imperatore stesso da un angelo. Altro nome comune è Carlina segnatempo in quanto viene spesso usata dagli escursionisti come una specie di igrometro, perché le squame involucrali esterne sono raggianti con tempo secco, mentre si ripiegano con tempo umido. È conosciuta anche come Cardo di San Pellegrino o Carciofo di monte in quanto era utilizzata come pianta alimentare in epoche di carestia.

La radice è usata per le proprietà diuretiche, colagoghe ed antiedematose, e in decotto contro il raffreddore. Come tisana trova uso per insufficienze digestive e spasmi gastrointestinali. È da sempre conosciuta per le proprietà eudermiche, da attribuire all’ossido di carlina, e trova indicazione anche nel trattamento di eczemi e acne.
I ricettacoli dei capolini immaturi si consumano come succedanei del carciofo: si mangiano cotti oppure crudi in pinzimonio o in insalata. Il centro del fiore una volta liberato dalle spine e dalle foglie dure ha consistenza simile a quella dei cuori di carciofo, di colore bianco, di aspetto granuloso e spesso ricoperto di lattice bianco. Il sapore ricorda quello del carciofo rispetto al quale ha però un gusto più delicato.
Il primo problema che si incontra quando ci si vuole nutrire di questo cardo è pulirlo!!!

Carlina
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