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Val d'Asta - Appennino Reggiano

I crochi

I crochi

Oggi vorrei descrivere una delle ultime fioriture che abbiamo modo di apprezzare sui nostri prati, quella dei crochi.

Il nome del genere (Crocus) deriva dal greco Kròkos (c’è un esplicito riferimento a questo fiore nell’Iliade di Omero – Libro XIV, versetto 347) che significa “filo di tessuto” e si riferisce ai lunghi stigmi ben visibili nella specie più conosciuta (e coltivata) di questo genere (Crocus sativus o zafferano). Ma a differenza di quest’ultimo (quella spezia che serve a insaporire e colorare molte pietanze) i crochi che crescono da noi sono VELENOSI e non vanno assolutamente raccolti (del resto anche lo zafferano in forti dosi può essere mortale).

Il genere Crocus, della famiglia delle Iridacee, presenta una estrema variabilità citologica (morfologia e struttura interna delle cellule) e, al 2010, non si è ancora giunti ad una sistematica soddisfacente di questo genere. Alcuni autori hanno proposto una classificazione in chiave analitica basata sul periodo di fioritura: primaverile e autunnale, come quelli nostrani. Tuttavia, questo criterio può dar luogo ad equivoci in quanto alcune specie fioriscono con continuità da settembre ad aprile; altre, specialmente quelle autunnali, emettono le foglie in tempi anche molto diversi, spesso in primavera. 

Sono piante erbacee perenni che durante la stagione avversa non presentano organi aerei e le gemme si trovano in organi sotterranei, i bulbi (organi di riserva che annualmente producono nuovi fusti, foglie e fiori).

Le altezze di queste piante sono variabili da pochi centimetri fino a 30 cm (almeno per le specie europee), sui nostri campi possono arrivare al massimo sui 15 cm.

Le radici si originano direttamente dal bulbo da cui parte anche il fusto che è praticamente inesistente; le uniche foglie presenti sono quelle basali (o radicali) originate direttamente dal bulbo sotterraneo; sono lunghe quanto il fiore e in genere nei nostri areali appaiono dopo la fioritura. Tutte queste nozioni non devono però distrarre dalla bellezza che per tutto il mese di settembre scaturisce dai bulbi quiescenti: porzioni più o meno grandi di prati diventano improvvisamente lilla per la fioritura contemporanea di centinaia di fiori che ci riportano un po’ indietro nel tempo, quasi ad una primavera pressoché dimenticata che si riaffaccia alla nostra mente oppure ad un anticipo di quella futura ma che dovrà attendere qualche mese per farci dimenticare il difficile inverno.

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