E’ il borgo più alto del comune. E’ in posizione strategica, infatti controlla: Villa dal Torricella, Ligonchio dalla Sella del Prampa; dal passo delle prese la Toscana. Per un cacciatore di orsi era questa una ottima posizione. Anche questo borgo ha provato fame e terremoti; però resta ancora qualche casa del 1600-1700 murata ancora con la calce che si faceva nelle fornaci in loco.
Prevalentemente la vita era nomade; quasi tutti pastori. Chi restava era un artigiano un pò particolare; era un artigiano che, con pochi attrezzi, nei giorni di inverno trasformava il faggio in pale da neve., vassoi per cereali, palette, mescoli, cucchiai, forchette e quanto altro era allora nella parca attrezzatura della massaia.
Era in inverno che si tagliavano su alla macchia, in larghe fette, gli enormi tronchi di faggio; poichè una volta lavorati sotto i trucioli di legno si stagionavano senza far crepe.
E’ degno di menzione un costume dei palai di Monte Orsaro. Certo è che quei bei tronchi lisci e dritti di faggio non sempre si potevano trovare nel proprio terreno. Chi lo possedeva non era giusto che ricattasse chi doveva con questo mestiere procacciar pane per la famiglia. La costumanza allora fu questa: si dava il faggio in cambio di una cassa da morto per uno dei proprietari del faggio.
Finirono i “Palai” di Monteorsaro perchè finirono anche i faggi. Forse in un qualche cassetto o appeso a qualche chiodo si può ancora trovare qualche testimonianza degli attrezzi o dell’opera di questi antichi artigiani.
Tratto dal testo “Alla scoperta di una valle, Val d’Asta”
di Giglio Fioroni e Olimpia Fioravanti