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GLI ANTICHI STRUMENTI DEL LATTE E DEL FORMAGGIO: UN VIAGGIO NEL TEMPO NEL MUSEO PRIVATO PAGLIARINI DEL PARMIGIANO REGGIANO

GLI ANTICHI STRUMENTI DEL LATTE E DEL FORMAGGIO: UN VIAGGIO NEL TEMPO NEL MUSEO PRIVATO PAGLIARINI DEL PARMIGIANO REGGIANO

Dai pascoli alla caldaia: la trasformazione del latte

Giuseppe Pagliarini
Giuseppe Pagliarini

Un tempo, tutto cominciava nei pascoli. La mungitura veniva eseguita a mano, con pazienza, utilizzando sgabelli semplici e secchi di metallo o legno. Il latte raccolto, ancora caldo, veniva filtrato e trasferito in contenitori detti mastelle, pronti per essere lavorati entro poche ore. La coagulazione avveniva in grandi caldaie di rame, spesso dalla caratteristica forma a campana rovesciata. Qui il latte veniva riscaldato lentamente e addizionato di caglio: una sostanza naturale ottenuta dallo stomaco dei vitelli lattanti (caratteristica specifica del Parmigiano Reggiano) oppure da piante come il cardo e il fico. Questo processo trasformava il latte in cagliata, un insieme compatto e morbido. Per rompere la cagliata e separare il siero, si usava lo spino: uno strumento rustico ma efficace, originariamente costituito da rami spinosi, poi evolutosi in un’asta con innesti metallici. A seconda della grana desiderata, il casaro agiva con precisione e forza, rompendo la massa in piccoli granuli.

Stampi, fascére e stagionature: la nascita del formaggio

Giuseppe Pagliarini
Giuseppe Pagliarini

Una volta ottenuta la cagliata, questa veniva raccolta in tele di lino e sistemata in fascére, cerchi di legno o metallo che conferivano al formaggio la sua forma finale. Il siero in eccesso veniva eliminato con la pressatura, talvolta manuale, più spesso con l’uso di torchi in legno. Il sale, fondamentale per la conservazione e il gusto, veniva aggiunto per immersione in salamoia oppure per sfregamento diretto sulla superficie delle forme. A questo punto cominciava la lunga fase della stagionatura, spesso svolta in grotte naturali o ambienti ventilati, dove il formaggio poteva sviluppare aromi e consistenze uniche.

Burro e ricotta: i tesori del siero

Il siero residuo della lavorazione del formaggio veniva riscaldato per ottenere la ricotta, un prodotto delicato e versatile. La panna affiorata dal latte veniva invece lavorata nella zàngola per ottenere il burro, un alimento prezioso nelle cucine contadine.

L’arte del Parmigiano Reggiano

Nessun formaggio italiano incarna la maestria di questi antichi gesti come il Parmigiano Reggiano. Nato nel Medioevo grazie ai monaci benedettini e cistercensi, questo formaggio a lunga stagionatura ha mantenuto nei secoli una lavorazione pressoché immutata. Oltre agli strumenti già citati, la produzione del Parmigiano Reggiano impiega oggetti iconici:

Martelletto: usato per “ascoltare” la qualità delle forme.

Matrice per la marchiatura: imprime sul bordo delle forme il nome, l’annata e il numero del caseificio.

Fascére marchianti: garantiscono l’autenticità e l’origine del prodotto. Oggi, nei moderni caseifici, questi strumenti convivono con tecnologie di supporto, ma la sostanza non cambia: il Parmigiano Reggiano si fa ancora come una volta, con latte, caglio, sale e tanta, tanta pazienza.

Per chi desidera scoprire dal vivo questa straordinaria tradizione, Toano offre una meta imperdibile: il Museo Privato Pagliarini del Parmigiano Reggiano, realizzato dal signor Giuseppe Pagliarini nella sua abitazione.

Forme burro

Giuseppe Pagliarini, custode della memoria casearia

Giuseppe Pagliarini
Giuseppe Pagliarini

Giuseppe, classe 1953, ha imparato presto il mestiere del casaro, seguendo le orme del padre Mauro (10 maggio 1926 – 28 novembre 2001), profondo conoscitore delle tecniche di lavorazione del latte. Mauro fu pluripremiato in diversi concorsi del settore e nel 1978 venne insignito del titolo di Cavaliere dell’Ordine al Merito della Repubblica Italiana. In suo onore, nel 2023, il Comune di Toano ha intitolato una strada a lui dedicata, situata in località Fora di Cavola.

Appassionato come suo padre della storia del Parmigiano Reggiano, Giuseppe Pagliarini ha dedicato l’intera vita alla ricerca e alla collezione di strumenti, oggetti, libri, documenti, targhe pubblicitarie e tutto ciò che riguarda l’industria casearia e il mondo del latte in generale. La sua abitazione ospita oggi oltre 5.000 pezzi da collezione. Ma non è solo il contenuto ad avere valore: anche il contenitore è parte integrante della storia. La casa di Giuseppe è infatti l’edificio che, fino ai primi anni Settanta, ospitava il Caseificio Sociale di Corneto, dove si lavoravano latte, burro, formaggio e ricotta, e si stagionavano le forme.

La sua ricca collezione costituisce dunque un vero e proprio museo privato, un patrimonio da valorizzare, salvaguardare e soprattutto tramandare. Oggi come ieri, la lavorazione del latte non è solo un mestiere, ma una forma d’arte rurale. Gli strumenti antichi, pur semplici, erano frutto di ingegno e necessità. Conservarne la memoria significa dare valore alla sapienza contadina, a quei gesti lenti e precisi che, ancora oggi, danno vita a uno dei tesori più preziosi del patrimonio dell’Emilia Romagna: il formaggio Parmigiano Reggiano.

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